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#neindefacose - Serie Tv - Recensione "Only Murders in the Building" - Stagione 1

In una di quelle classiche sere in cui ci si perde a cercare per ore qualcosa da guardare fra le infinite categorie e icone della tv a pagamento, ecco che spunta lei… la serie “Only Murders in the Building” e fra noi è subito amore.

“Only Murders in the Building” è una serie tv visibile su Disney+, creata da Steve Martin e John Hoffman. Gli episodi della prima stagione sono dieci e ognuno dura trenta minuti circa: una formula numerica ideale per non annoiare lo spettatore e per mantenere la giusta tensione.


Quando comincia la prima puntata sembra una semplice commedia, ma in un attimo lo scenario si tinge di giallo e di mistero, con punte di ironia e comicità. Ogni ingrediente è dosato con equilibrio e brio.
Merito innanzitutto del magnifico cast che vede come protagonisti Steve Martin che interpreta Charles-Hadan Savage, ex star di una serie tv degli anni '90 in cui era un detective; Martin Short nella parte di Oliver Putnam, regista teatrale in disgrazia e Selena Gomez che invece è Mabel Mora, una ragazza che sta restaurando l'appartamento della zia.

I tre abitano all’Arconia, un esclusivo condominio dell'Upper West Side a Manhattan, New York e presto scopriranno di essere tutti molto appassionati di true crime e di podcast che parlano di omicidi e gialli. Quando un ragazzo verrà trovato morto nel suo appartamento del loro stesso palazzo, la loro passione prenderà il sopravvento stuzzicandoli a investigare su questa morte che, nonostante le apparenze, sembra proprio un omicidio. E cosa c’è di meglio che raccontare l’andamento delle loro indagini direttamente in un podcast? Detto fatto.

Mano a mano verranno fuori segreti nascosti, sospettati, depistaggi, prove, errori di valutazione, colpi di scena, fino ad un finale di tutto rispetto.
Fra i primi sospettati si annovera Sting in persona, nella parte di un sé stesso molto singolare. Una finezza certamente non di poco conto.

Nel gioco sapiente di intrecciare mistero e leggerezza trovano spazio anche una critica ironica ma pungente all’intrattenimento di oggi e una riflessione malinconica sui tormenti interiori (e non solo) dei personaggi, resi così più umani e realistici.
Alla fine della visione ci si sente sollevati dalla percezione, delicata ma chiara, che l’amicizia e l’amore esistono ancora, nonostante tutto. Un messaggio, questo, che può far sentire sicuramente meno soli, soprattutto in un momento storico come quello attuale.
Inevitabile poi il confronto tra boomer e millennials, Steve Martin e Martin Short da una parte e la giovinezza di Selena Gomez dall’altra, raccontato però con la consueta raffinatezza stile british.

“Only Murders in the Building” è una serie molto originale basti pensare, per esempio, che c’è un intero episodio dove mancano i dialoghi (tranquilli, non vi spoilero il perché).
Gli attori sono perfettamente a proprio agio nelle rispettive parti rendendo unico ogni personaggio e fluida la storia.
Bellissimi anche gli ambienti, curati in ogni dettaglio. Fotografia, sigla e musiche non sono da meno, perfettamente coerenti con il carattere generale della serie dove il giallo vecchio stile, il mistero in chiave moderna e la commedia frizzante vanno impeccabilmente a braccetto.
Se proprio dei difetti ci sono, posso solo dire che in alcuni piccoli punti il ritmo rallenta e che un paio di volte si ha la sensazione che alcune cose si dicano troppo presto. Ma ciò non toglie nulla all’insieme.

Mi sento di consigliare “Only Murders in the Building” anche a chi non ama particolarmente i gialli come genere, perché in questo caso gli spunti per rimanere piacevolmente sorpresi sono davvero tanti.

Finalmente una serie brillante dove non c’è bisogno della violenza o, di contro, del sentimentalismo esasperato o dell’umorismo demenziale, tutti leitmotiv di film e serie tv di ultima generazione, per tenere alta l’attenzione e far parlare di sé.

Dunque non resta che rimanere con il fiato sospeso, almeno fino al finale di serie.
La seconda stagione è stata inevitabilmente annunciata... l’aspettiamo insieme?

 

Rosalba Carchia