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Racconti d'estate

Le finestre sono spalancate, i balconi aperti e le voci, gli odori, i gesti, i rumori si mischiano, si confondono, si immaginano.
La sera, poi, se guardi bene l'estate riesce a raccontare storie. È il momento in cui ci si ritrova tutti a casa, ci si rilassa, si parla, ci si ritaglia un po' di spazio.

Ho vissuto per tanti anni a Roma e lì non sai neanche come hai fatto ad arrivare alla fine di una giornata afosa. Così la sera, spesso, mi mettevo alla finestra sperando, quasi sempre invano, in uno spiffero fresco. Al buio per non attirare le malefiche zanzare.

Chiudevo gli occhi e cominciavo inevitabilmente ad ascoltare.
Film, tg, rumori di stoviglie, il pianto di un bambino, una litigata, una telefonata, un messaggio al cellulare, una chiacchierata in famiglia, musica, risate, un cane che abbaia, lo scroscio della doccia, i condizionatori che giravano. E poi gli odori. Cibo, bagnoschiuma, bucato appena steso.
Quando aprivo gli occhi l'attenzione cadeva sulle luci accese nelle case.

In quasi tutti gli appartamenti dove ho abitato, la mia finestra aveva la vista su altre finestre, altri balconi. E d'estate era facile osservare e provare a immaginare il prosieguo.
Guardavo frammenti di vita e cercavo di capire com'era quello che non si vedeva.
Angoli fissi di cucine, salotti, camere da letto, bagni.
“Quello sarà il marito”, “ma quanti cani hanno?”, “che si festeggia?”, “oh aspetta un figlio”, “torna così tardi da lavoro”. I pensieri fra me e me.

Nel primo appartamento dove ho vissuto, nelle sere d'estate, qualcuno si preoccupava di comunicare al mondo che aveva digerito la cena. Sempre alla stessa ora un'emissione brusca e rumorosa di aria proveniente dallo stomaco fuoriusciva dalla bocca di una persona dei piani bassi e rimbombava in tutto il cortile. La naturalezza della sua puntualità rendeva il tutto perfettamente “normale”.
Proprio di fronte avevo la stanza di due sorelle sui vent'anni. Le pareti erano rosse e c'era il letto a castello di legno chiaro. Andavano sempre di fretta. Accendevano la luce solo per cambiarsi al volo. Non credo ci fosse un padre in quella casa e della madre ho sempre sentito solo la voce.
Una sera di caldo, una delle due sorelle ha avuto il tempo di un lungo bacio col suo ragazzo.

In un altro posto c'è stato un periodo in cui, sempre d'estate, in piena notte una coppia si metteva a letto e cominciava a litigare. Tutte le sere. Il vocione di lui arrivava fin dentro la mia stanza. Era geloso e non riusciva proprio a trattenersi. La loro finestra era aperta ma le persiane erano sempre chiuse.

Altro appartamento. Di fronte tantissime storie che facevano compagnia alla mia estate.
Una insegnante di canto lirico, una giovane coppia, una famiglia numerosa, un vecchietto e la sua solitudine, un ufficio, un ragazzo che cantava sempre, un pezzo di salotto bellissimo.

Altro set. Afa notturna, finestre spalancate, aria immobile, silenzio.
All'improvviso cominciò ad aleggiare fra i muri dei palazzi un bisbiglio, un qualcosa che pian piano prese una forma sonora piena e divenne l'inconfondibile e fragoroso sussurrare dell'amore.
Il caldo non era riuscito a smorzare la coraggiosa passione di quei due amanti. Tant'è che, alla fine, qualcuno applaudì al grido di “braaaviii”!

Ho lasciato la città già da qualche anno e dove sono ora l'estate è più lieve.
Di giorno ci sono i bambini che giocano e litigano in cortile, qualcuno che parla a telefono in balcone, qualche mamma che chiama il figlio per il pranzo o per la merenda.
La sera sento una coppia che guarda la tv e commenta i programmi.
Quest'anno c'è una ragazzina che ha una gamba ingessata e sta sulla sedia a rotelle e tutte le sere gli amici vengono a farle compagnia fino a tardi. Stanno fuori in cortile e chiacchierano, ridono, spingono la carrozzina.
Qui l'aria è più fresca e le finestre si aprono di meno.
Qui, spesso, ci si preoccupa di non far sentire i fatti propri perché ci conosciamo tutti e il pettegolezzo è sempre in agguato.
Qui c'è meno gente. Sempre meno.

Col caldo sbocciano i racconti.